Durante il paleolitico la zona era frequentata soprattutto sui monti dell’Uccellina. Fra la fine dell’età del Bronzo e l’età del Ferro i villaggi, fino a quel momento posti su aree naturalmente fortificate, vengono abbandonati a favore di luoghi di conformazione simile, ma molto più estesi. È così che hanno origine le maggiori città etrusche.
Tra la fine dell’età orientalizzante e l’inizio dell’età arcaica, le maggiori città etrusche mostrano la tendenza a procurarsi uno sbocco sul mare e a fondare insediamenti portuali. È solo nel IV secolo a.C. che le campagne riprendono a popolarsi.
La conquista romana di questa parte dell’Etruria si colloca fra il 294 (Roselle) e il 282 a.C. (Vetulonia). A partire dalla fine del II secolo d.C., invece, l’insediamento nelle campagne si dirada e molte ville sono abbandonate. Fra V e VI secolo la zona viene cristianizzata. Lontano dalla costa, e spesso sulle alture, si diffondono poi insediamenti aperti, seguiti nei secoli dall’incastellamento.
Con il XII secolo inizia l’espansione in Maremma del Comune di Siena, che si affermerà definitivamente nel XIV secolo. Con i Medici, che si accaparrarono vaste proprietà agricole, si continuarono a sfruttare le risorse naturali (pascoli, saline, stagni e paduli), con provvedimenti a danno delle popolazioni maremmane. Infine il governo di Ferdinando III (1790-99) e la dominazione napoleonica (1800-14) comportarono un arresto della fase evolutiva dell’età illuministica.
Per tutto l’Ottocento persistettero i tradizionali squilibri tra le “due Maremme”: l’interno collinare (in parte guadagnato all’agricoltura promiscua e alla piccola azienda familiare) e la pianura costiera, ancora poco popolata.
La svolta risale all’epoca fascista. Con i decreti regi del 1923 e del 1924 sulle bonificazioni dei paduli e dei terreni paludosi, la bonifica si trasformava da operazione idraulica in riorganizzazione territoriale dei comprensori di grande interesse pubblico.