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Colline di Siena

Comuni di:

Asciano (SI), Buonconvento (SI), Castelnuovo Berardenga (SI), Chiusdino (SI), Monteriggioni (SI), Monteroni d’Arbia (SI), Monticiano (SI), Murlo (SI), Rapolano Terme (SI), Siena (SI), Sociville (SI)

Cartina Colline di Siena
Mappa

«Intorno a Siena verdeggiavano i colli tutti rivestiti di fronde e fiori, e nei campi alte e rigogliose erano le messi. La stessa posizione del territorio più vicino a Siena offre uno spettacolo di bellezza inesprimibile. I colli coperti da vigne o da altri alberi da frutto, o lavorati a grano, si sollevano mollemente su valli amene, dove verdeggiano i seminati o i prati e scorrono rivi di acqua perenne. Vicino vi sono folti boschi formatesi spontaneamente o curati dalla mano dell’uomo [...] né c’è poggio dove i cittadini non abbiano costruite splendide ville. Qui si ammirano nobili monasteri abitati da uomini santi, lì si innalzano come fortezze abitazioni di privati cittadini».
(Enea Silvio Piccolomini, Commentarii Rerum Memorabilium)

Parole, queste, che riflettono il paesaggio senese della seconda metà del Quattrocento restituendo frammenti percettivi di un’universo conosciuto e amato ben oltre i confini regionali.

Siena incarna infatti l’archetipo del paesaggio toscano. Qua si mitizza il concetto stesso di natura. La somma di vigne, uliveti, castelli e campi coltivati trova una restituzione visiva quasi perfetta. Così assoluta da assomigliare al concetto più puro di bellezza.

Ma guai a parlare di un paesaggio da cartolina, qualcuno potrebbe anche offendersi. Eppure dietro ogni colle, da Monteriggioni a Montalcino e poi ancora più giù, verso sud, le colline di Siena regalano paesaggi sospesi di una bellezza concreta e inafferrabile insieme.

Del resto se queste terre hanno colpito e condizionato l’immaginario di così tante persone, un secolo dopo l’altro, per dare origine a così tanto stupore, be', deve pur esserci una ragione. Il Palio tra contrade, la via Francigena, l’arte e il buon vino sono solo alcuni degli elementi che appartengono a uno scenario ben più complesso e variegato.

A proposito di vigne e di coltivazioni: al comprensorio spetta anche un particolare record. A conclusione del periodo delle riforme leopoldine, infatti, il catasto del 1830 registra per le colline di Siena una situazione particolare nella quale il territorio è coperto prevalentemente da bosco (32,72%) e da seminativo nudo (29,97%, la percentuale più alta in tutto il Granducato, dove la media era di 16,11%). Una tendenza che si è mantenuta nel tempo.

In epoca preistorica gli abitanti di queste terre erano principalmente concentrate lungo le fasce alluvionali dei principali corsi d’acqua (Ombrone, Merse e Farma). Una presenza che si fa più intensa col passare del tempo, soprattutto sulle colline di Siena e sulle prime pendici della Montagnola Senese. Sia qua sia a Sovicille nascono alcuni castellieri fondati in quota e in zone naturalmente difese, posti a controllo delle vie di comunicazione e delle sottostanti pianure agricole. Un popolamento progressivo che s’intensifica nel periodo etrusco, quando si registra ovunque la prima massiccia occupazione del territorio.

A partire dalla fine del VI secolo a.C. – e per i due secoli successivi – con lo sfaldamento dei potentati locali si avvia un periodo di forte regressione demografica, di abbandono delle campagne e di destrutturazione del modello insediativo. Di fatto sopravvive solo l’insediamento sparso.

Siena fu occupata a partire dal VIII-VII secolo a.C., ma si tratta di una frequentazione articolata in piccoli insediamenti, con caratteri più rurali che urbani. Il baricentro politico, da sempre spostato su Siena, inevitabilmente condiziona il paesaggio attraverso la volontà d’impiantare una nuova rete insediativa per riorganizzare il territorio.

La crisi del sistema politico-economico etrusco (prima) e quella di epoca romana (poi) causano cali demografici, carestie ed epidemie. Nei secoli centrali del Medioevo la più significativa variazione dell’assetto territoriale riguarda la comparsa dei castelli.

Per Siena, l’inizio dell’età moderna coincide con la perdita dell’autonomia politica e la conseguente annessione al Granducato. Tutto il periodo del governo mediceo è invece caratterizzato dal consolidamento delle strutture economiche sotto il controllo delle grandi famiglie (Chigi, Del Taja, d’Elci, Piccolomini) e delle istituzioni ecclesiastiche (Mensa Arcivescovile e Ospedale di Santa Maria della Scala).

È solo con il governo lorenese che si assiste a una decisa ripresa degli interventi di manutenzione idraulica e di bonifica, oltre alla sistemazione delle strade e in generale alle riforme fondiarie.
 
Se nel 1830 questo comprensorio aveva il primato nei seminativi nudi, negli ultimi decenni il peso di questa forma di paesaggio tende ancora ad aumentare (dal 36,80% nel 1960 fino a 39,15% nel 2010) raggiungendo di fatto lo stesso valore del bosco, che continua a dominare i territori di Murlo, Chiusdino e Monticiano.

Il territorio delle Colline di Siena rappresenta la giustapposizione sinergica di tre paesaggi contrastanti: le Crete senesi, le colline sabbiose o stratificate e le colline rocciose.

Si tratta di tre dei principali paesaggi toscani, che qui assumono particolare valore per effetto della stretta associazione e dello stato di ottima conservazione. L’associazione crea forti effetti percettivi, con la grande abbondanza di “balconi” che danno la visuale della profondità e della diversità del territorio e, simmetricamente, con la costante presenza di colline alte e boscose a contenere le basse terre dei bacini.

Siena e i suoi immediati dintorni rappresentano forse la realizzazione più pregevole del paesaggio della collina su depositi neo-quaternari a livelli resistenti, con un sistema insediativo denso ma fortemente strutturato e perfettamente integrato con il sistema rurale.

Questo complesso di paesaggi e strutture territoriali rappresenta un valore assoluto, testimoniato dalla sua presenza prorompente nella cultura grafica globale. L’importanza strategica che l’erosione ha avuto nel modellare questo paesaggio e nel costituirne l’identità ci pone di fronte ad un “conflitto” tra esigenze diverse. Da un lato, quella di tutelare forme straordinarie ed uniche, dall’altro la necessità di contenere i processi di erosione del suolo, allo scopo di conservare la risorsa e di non sovraccaricare un sistema idrologico con aspetti di criticità.

Il bacino senese, nel suo complesso, ospita un ricco reticolo idrografico ad andamento dendritico, dominato dai corsi principali dei fiumi Arbia e Ombrone. Entrambi questi fiumi nascono dal versante meridionale dei monti del Chianti, ma il loro sviluppo è differenziato: l’Arbia scorre nel punto più profondo del bacino, quasi a ridosso delle grandi strutture tettoniche che ne costituiscono il limite sud-occidentale; l’Ombrone scorre invece sul lato orientale, con un corso prevalentemente erosivo e probabilmente formato per catture successive.

 

L’artista contemporanea forse più rappresentativa di Siena è una stella del rock. Pensando alla città, infatti, il primo richiamo è quello musicale. E punta dritto a un nome: Gianna Nannini. Suo fratello è stato pilota di Formula 1, suo padre un industriale. E lei, icona del rock ribelle, non solo è senese, ma appartiene anche alla contrada dell’Oca.

Ecco, il Palio tra contrade. Una tradizione che ha inizio nella prima metà del Seicento e che si ripete da secoli, senza per questo perdere l’antico fascino. Il vincitore del Palio riceve in dono il drappellone – chiamato anche “cencio” – che consiste in un dipinto su stoffa di grandi dimensioni, sorretto in verticale su un’asta alabardata. A dipingerlo si sono alternati nel tempo grandi artisti. Solo negli anni recenti ricordiamo, tra gli altri, Milo Manara, Emilio Giannelli (vignettista senese), Igor Mitoraj, Fernando Botero, Jean Michel Folon, Luciano Schifano, Sandro Chia e Renato Guttuso.

Ma al di là del Palio e della musica, quello delle colline senesi è un paesaggio equilibrato di chiara matrice classicheggiante, come del resto è ben evidente nei magnifici sfondi che il Pinturicchio, aiutato da illustri compagni, dipinse per illustrare nella Libreria Piccolomini, all’interno del duomo di Siena, le imprese di Pio II.

Una visione classica del dolce paesaggio italiano, privo di selve e di orridi e di strapiombi ma grazie agli inserti antichi intriso di struggente bellezza, che non fatichiamo a riconoscere nella veduta di Siena che Sir Richard Colt Hoare, antiquario e storico, tracciò con delicatezza di sguardo e di tratto per il pubblico d’oltremanica durante il suo lungo viaggio in Italia.

Cent’anni dopo lo sguardo sulle colline senesi sarà nuovamente mutato: Telemaco Signorini, attento alle caratteristiche del territorio e del lavoro dell’uomo, libero dalla ricerca della rovina classica come suggello di bellezza e tutto teso all’indagine anche cromatica dell’insieme, ci consegna un autunno fuori Siena.

Quest’angolo di Toscana non è fatto soltanto per gli sfondi da cartolina né solo per quieta contemplazione. Le fortezze medievali al crepuscolo piacevano ancora nel secolo scorso, prima dell’icona nuova dell’agriturismo come rifugio dalla città. Monteriggioni a lungo fu vista come cittadella fortificata teatro di celebri battaglie, prima di divenire il borgo metafisico fotografato dai turisti di ogni parte del mondo.