Dalla visita del granduca Pietro Leopoldo di Lorena (1773) emerge chiaramente come le specificità dell’economia fossero due: la presenza dell’alberata (con grano e vite) e, accanto alle fattorie, di innumerevoli proprietari coltivatori diretti e di molte famiglie di possidenti locali, occupati nell’allevamento e, come se non bastasse, nella lavorazione e nel commercio di seta e vino.
Ma per arrivare a questa consapevolezza, che si riconosce tutt’oggi nella caratterizzazione del territorio, occorre fare un passo indietro e guardare lontano. Anzi, lontanissimo. A cominciare da quei reperti eneolitici rinvenuti a Radda in Chianti (Casanova di San Fedele) che testimoniano la presenza delle prime popolazioni, riconducibili al ceppo celto-ligure.
Sappiamo che in epoca protostorica la presenza umana si registra sia sui terreni di bassa collina che in altura, attraverso villaggi di poche unità abitative fondati in aree strategiche per il controllo del proprio territorio. Occorre inoltre riconoscere che, fin dall’antichità, l’elemento che ha più condizionato le dinamiche di popolamento è stato quello della viabilità.
Il comprensorio chiantigiano conosce la sua prima occupazione a partire dal VII secolo a.C., quando gli Etruschi favorirono il passaggio da un’economia basata sulla pastorizia a una incentrata sull’agricoltura (in particolare la vite). Dalla fine del I secolo a.C. decadono le “case ricche” tipiche del paesaggio etrusco per lasciare il posto a ville e fattorie.
Poco più tardi si avvia il passaggio a un nuovo modello insediativo e socio-economico nel quale gli edifici religiosi diventano i primi elementi di aggregazione della popolazione rurale, mentre nel IX secolo si afferma un modello di gestione della terra legato all’azienda curtense.
L’ennesima fase di trasformazione edilizia e funzionale dei castelli avviene tra il XIV e il XV secolo: le residenze signorili diventano fortezze militari. Furono anni difficili. E solo nel 1555, con la presa di Montalcino da parte fiorentina e la definitiva sconfitta di Siena, il Chianti ritrova pace e tranquillità. Elementi necessari alla valorizzazione del territorio, a partire da una nuova organizzazione agricola imperniata sul sistema mezzadrile.
A ridosso del Novecento si compiono infine innovazioni che determineranno l’andamento economico e sociali del comprensorio chiantigiano: s’impiantano nuovi vigneti specializzati (a partire dalla fattoria di Uzzano) e si occupano pendii terrazzati o rimodellati dalle sistemazioni a spina; inoltre si potenzia l’allevamento dei bovini da latte, mentre s’introduce l’avvicendamento nelle coltivazioni industriali (barbabietole e tabacco).